Utilize este identificador para referenciar este registo: http://hdl.handle.net/10071/18319
Autoria: Bordoni, U.
Raimondo, S.
Data: 2019
Título próprio: Editoriale
Título da revista: Arte Cristiana
Volume: CVII
Número: 911
Paginação: 82 - 83
ISSN: 0004-3400
Palavras-chave: Notre Dame
Incendio
Fotografia
Resumo: L’incendio di Notre Dame ha riacceso un interesse inatteso sulla centralità delle cattedrali nelle città europee. La cattedrale parigina è simbolo della nazione ed è luogo emblematico per l’arte e per la letteratura. Cionondimeno, rispetto ad incendi analoghi di insigni monumenti storici, è la sua funzione religiosa ad offrire la matrice originaria sulla quale si innestano e sviluppano le molteplici dimensioni simboliche che la rendono luogo di memoria e di condensazione di senso ben al di là dei confini transalpini. Le stesse categorie di esculturazione e patrimonializzazione, messe a punto dalla sociologia della religione di area francofona, sembrano non rendere compiutamente conto della singolarità sacrale, insieme cristiana e civile, della chiesa cattedrale. Il tema della ricostruzione anima il dibattito. Le ragioni della politica, dell’immagine della nazione, della rappresentazione sociale urgono sulle già dense interrogazioni dell’architettura e della storia dell’arte. Il dilemma tra la riconduzione a uno stato filologico ante quem e l’apertura a un’interpretazione contemporanea delle parti distrutte, quindi dell’immagine complessiva del monumento, sembra essersi risolto con l’annuncio tempestivo di un concorso internazionale per la ricostruzione della flèche. In realtà, i nodi di senso messi allo scoperto dall’incendio di Notre Dame, peraltro già emergenti nelle pratiche di adeguamento liturgico delle cattedrali, di riconfigurazione urbana dei centri storici, di massiva fruizione turistica del patrimonio religioso piuttosto che di radicale cambio di destinazione – si veda il caso della intentata vendita della cattedrale di Utrecht – investono profondamente la forma della presenza monumentale cristiana nel contesto urbano europeo, sollevano le provocazioni più acute sulla teoria del restauro architettonico e artistico, e interrogano ultimamente sulla relazione di una società civile, ancor prima che religiosa, con la propria identità storica. La narrazione che si dispiega con le scelte di restauro, di ricostruzione, di nuova funzionalizzazione di una cattedrale è una operazione genealogica nella quale la civiltà europea si rappresenta, si rapporta allo scorrere del tempo, si confronta con l’anima giudaico cristiana della sua cultura e decide dei fondamenti etici della vita civile. L’intervento su una cattedrale, per il carattere simbolico che essa riveste, non è mai solamente funzionale o estetico, è una operazione semantica e possibilmente generativa di senso per la vita sociale della polis. La liturgia che la chiesa di Parigi celebra a Notre Dame è densa della bellezza dei secoli e della freschezza per l’oggi del Vangelo: che anche in futuro le pietre, la storia, l’arte e l’architettura della cattedrale della città, a Parigi come in tutta Europa, possano accompagnarsi in verità e pienezza al medesimo canto è una sfida che riguarda il futuro di tutti. Chiede alle diocesi di abitare le cattedrali perché siano luogo di gratuità, di preghiera, di offerta di senso ad ogni uomo; chiede alla società civile di prendersene cura come il centro di quelle «città-cattedrali d’Europa» che con accenti poetici Giorgio La Pira definiva «vera casa grande dell’uomo: espressione architettonica, religiosa, sociale, culturale, economica, della comunione che unisce gli uomini gli uni agli altri e ne fa una famiglia operosa di fratelli» (1); chiede infine all’arte e all’architettura di assumersi responsabilmente il compito di intervenire con creatività e competenza, restaurando e rinnovando, ma sempre in dialogo vivo con l’insieme della storia, con la tradizione vivente, in tutte le sue dimensioni, e con l’insieme della società civile e della sua visione per il futuro. La fabbrica della cattedrale, impresa che a Milano si dice mai finita, riguarda fin dall’inizio le ragioni del vivere, del credere e dello sperare di un intero popolo. Per mettervi mano ed essere all’altezza della sfida occorre, se non la fede in Dio, almeno la fiducia nella città dell’uomo così come la cultura europea ce la consegna. Umberto Bordoni (1) Giorgio LA PIRA, Crisi e ruolo delle città, relazione all’Assemblea dei Comuni d’Europa (1954)
Arbitragem científica: no
Acesso: Acesso Embargado
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